giovedì 31 maggio 2012

STRADE PARTIGIANE_ Francesco Paliotti

STRADE PARTIGIANE non è solo un evento.
Noi di Libero Spazio vogliamo prenderci l'impegno di portare avanti questo grande progetto per proporlo nelle scuole e per continuare a raccontare le storie dei giovani partigiani che hanno donato la vita per la libertà della nostra Ascoli. Troppo spesso queste figure sono dimenticate o peggio ancora ignorate.
Questo non possiamo permetterlo.

Per questo, settimanalmente, inseriremo nella sezione STRADE PARTIGIANE la storia di un partigiano, al quale è stata intitolata una via o una piazza ascolana.
Questa settimana percorriamo la vi(t)a di...


 FRANCESCO PALIOTTI
 


Nasce nel 1913 ad Ascoli Piceno.
Nonostante i suoi precedenti giovanili come camicia nera nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, decide, il giorno dopo l'attacco dei tedeschi alle caserme ascolane, di unirsi ai civili e militari sbandati che si stanno radunando sul Colle San Marco, intenzionati a meglio organizzarsi per proseguire la lotta di difesa della città.
Cade in combattimento il 3 Ottobre 1943, in occasione della massiccia operazione di repressione del movimento di Resistenza messa in atto dal comando tedesco.
Viene ucciso nella zona del Pianoro da un colpo di mortaio, lungo il corso del Fosso Gran Caso, mentre, come capo della squadra dei conducenti, cerca di raggruppare alcuni muli carichi di munizioni e di avviarli verso la montagna.

venerdì 25 maggio 2012

STRADE PARTIGIANE_ Cino del Duca

STRADE PARTIGIANE non è solo un evento.
Noi di Libero Spazio vogliamo prenderci l'impegno di portare avanti questo grande progetto per proporlo nelle scuole e per continuare a raccontare le storie dei giovani partigiani che hanno donato la vita per la libertà della nostra Ascoli. Troppo spesso queste figure sono dimenticate o peggio ancora ignorate.
Questo non possiamo permetterlo.

Per questo, settimanalmente, inseriremo nella sezione STRADE PARTIGIANE la storia di un partigiano, al quale è stata intitolata una via o una piazza ascolana.
Questa settimana percorriamo la vi(t)a di...


 CINO DEL DUCA




Nato a Montedinove nel 1899. Poichè il padre Giosuè, poeta e Garibaldino, si era ridotto in miseria, appena quindicenne deve lavorare per sostenere la famiglia, inizia così a fare il produttore porta a porta per la casa editrice di romanzi a dispense Hiermann sin quando, all'età di 17 anni parte per la Prima grande guerra. Al termine del conflitto trova occupazione nelle Ferrovie dello Stato ma per le sue idee contrarie al nuovo regime viene cacciato, perseguitato e messo in carcere. Liberato riesce con i fratelli a mettere su una piccola casa editrice. Il primo romanzo pubblicato, dal titolo Cuore Garibaldino è un successo popolare, come anche per gli altri che seguono. Sempre malvisto dal fascismo, nel '32 si trasferìsce in Francia dove dà vita ad un' industria editoriale che inonda il paese di giornali a fumetti e fotoromanzi. All'inizio della Seconda guerra mondiale, memore degli ideali paterni, crea una nuova legione garibaldina, iniziando una intensa attività antinazista. Catturato dalla Gestapo, riesce a fuggire ed entra nella Resistence. Terminata la guerra riprende la sua attività iniziando a pubblicare anche libri di interesse letterario e a produrre film. Nel 1955 accetta la presidenza onoraria della squadra di calcio ascolana e le rida impulso con generosi apporti finanziari. Manteneva ancora tale carica quando muore a Milano nel 1967, padrone ormai di un vasto impero editoriale. Nella sua vita cosi attiva, ebbe grandi soddisfazioni morali. Nel '53 il governo francese lo aveva insignisce del titolo di cavaliere della Legion d'Onore e della Croce di Bronzo, nel '59 riceve dall'università di Urbino la laurea honoris causa in lettere e filosofia, la città di Ascoli Piceno gli conferisce la cittadinanza onoraria. Dopo la morte gli si intesta una via e lo stadio comunale. Al suo paese natale non fece mancare dimostrazioni di attaccamento, donando un asilo, la scuola elementare, il campo sportivo ed altre opere pubbliche. Per i compaesani bisognosi di lavoro trovò sempre posto nei sui stabilimenti in Francia ed Italia.

giovedì 17 maggio 2012

STRADE PARTIGIANE_ Pietro Marucci


STRADE PARTIGIANE non è solo un evento.
Noi di Libero Spazio vogliamo prenderci l'impegno di portare avanti questo grande progetto per proporlo nelle scuole e per continuare a raccontare le storie dei giovani partigiani che hanno donato la vita per la libertà della nostra Ascoli. Troppo spesso queste figure sono dimenticate o peggio ancora ignorate.
Questo non possiamo permetterlo.

Per questo, settimanalmente, inseriremo nella sezione STRADE PARTIGIANE la storia di un partigiano, al quale è stata intitolata una via o una piazza ascolana.
Questa settimana percorriamo la vi(t)a di...


PIETRO MARUCCI



Nato nel 1919 ad Ascoli Piceno.
Entra nei Carabinieri in età militare, poi esonerato dal servizio perchè ammalato, difatti si trovava in congedo quando fu dichiarato l'armistizio. Sentì comunque il dovere di riprendere le armi per la difesa della libertà e il 19 Settembre decide di prendere la strada del Colle San Marco con l'intento di raggiungere i primi Partigiani rifugiatisi lassù.
Prende così parte con impegno e dedizione ad ogni loro azione e si distingue per coraggio e fermezza durante i duri combattimenti del 3 Ottobre svoltisi nella località detta "Le Rocce".
Sotto la pressione dei nazisti, infatti, il suo gruppo era stato costretto a indietreggiare, mentre lui si fermava per coprire i compagni col fuoco della sua mitragliatrice fino all'esaurimento delle munizioni. In questo gesto di altruismo perde la vita.
Insignito della Medagli d'Argento al Valore Militare.

domenica 13 maggio 2012

Pirati per gli oceani. Sea Shepherd agisce!




In molti avrete sicuramente sentito parlare di Sea Shepherd Conservation Society, grazie al docu-reality “Whale Wars” di Discovery Channel, o per i vari casi arrivati alla ribalta grazie alle azioni a volte estreme ma mai violente, atte a salvare, non a parole ma con vere e proprie campagne di sabotaggio, le creature marine minacciate di estinzione per la smodata mania prettamente umana di possedere.
Le leggi riguardanti la caccia a queste specie, come cetacei e foche, vengono aggirate dalle flotte di caccia dei paesi più impegnati in questo vero e proprio massacro, perpetrato tra l’altro nei luoghi in cui questi animali dovrebbero avere garantita la possibilità di vivere e riprodursi in pace, come il “Santuario dei Cetacei” nei mari dell’Antartide o nell’estremo nord-America.
Nel 1974, uno dei fondatori di Greenpeace, Paul Watson, decide che la protesta passiva non è la giusta strategia per raggiungere risultati costanti e importanti. Fuoriesce così da Greenpeace e fonda Sea Shepherd Conservation Society, con il preciso impegno di impedire a chiunque di massacrare balene, delfini e foche con qualunque mezzo senza però mettere in pericolo vite umane. Atti di sabotaggio di navi in porto, affondamenti, inseguimenti con attacchi in mare. I loro attacchi consistono principalmente nel lanciare bombolette di acido butirrico sui ponti delle navi da “ricerca” dove viene fatta la prima lavorazione delle carni pescate. Questo acido ha la proprietà di puzzare come l’inferno, e rende così inservibile la carne.
Gli eco-pirati della “Neptune’s Navy", la marina di Nettuno, come loro stessi si definiscono, hanno a disposizione una flottiglia di 3 imbarcazioni, motopesca e motoscafi potentissimi (come l’Adi Gil, donato dopo la World Race a SSCS e affondato da una nave ricerca giapponese). Seguono un ordinamento gerarchico con gradi e ordini da rispettare, proprio come nei corpi di Marina, organizzano campagne di sensibilizzazione e workshop in cui espongono la loro visione dei fatti, trovando sempre più persone che condividono ideali e obiettivi. Proteggere i mari è un dovere oltre che un diritto, e non è facile quando hai la legge un po’ dalla tua e un po’ no.
Il Giappone, paese in cima alla lista dei cacciatori più spietati e inarrestabili, attraversa i mari del sud con navi da ricerca (navi da caccia mascherate da postazioni scientifiche) attrezzate per arpionare, tirare in secco e lavorare le carni in loco. SSCS, grazie a varie azioni sia a livello materiale che divulgativo, sta raggiungendo ogni anno risultati davvero importanti, riuscendo a bloccare le stagioni di pesca e a far tornare a forza le navi in porto. Su Youtube potete trovare tantissimi video girati da loro e da simpatizzanti, e potete anche trovare le confutazioni delle parti in causa, come i pescatori giapponesi che, foraggiati e protetti dalla Yakuza, oppongono obiezioni e insulti senza senso, inaccettabili per chiunque abbia a cuore il destino del pianeta e dei suoi abitanti meno fortunati, che da soli non possono difendersi.

Sea Shepherd è presente in tutto il mondo, in Italia da un po’ di tempo la branca nostrana diventa sempre più forte, più presente su vari fronti. Perché è fondamentale il lavoro in mare (cosa che tramite un iter particolare possono fare tutti) ma anche la condivisione e la diffusione di materiale di denuncia.
Come LIBERO SPAZIO Stay Human vi suggeriamo la visione di “The Cove”, che appunto tratta questi argomenti. La storia di un gruppo di attivisti che tramite azioni di sabotaggio compie una sorta di miracolo dei giorni nostri: fermano la mattanza dei delfini nella baia di Taiji in Giappone. È
un documento vero, crudo, si evince la durezza di questa battaglia, il dolore che porta. Questi eroi, perché questo sono, mettono a rischio le proprie vite senza pensarci due volte, perché spesso alle provocazioni ed alle loro azioni i pescatori rispondono con potentissimi cannoni ad acqua, e con vere e proprie armi high-tech, come ad esempio un diffusore di microonde direzionale, documentato in una puntata di "Whale Wars", capace potenzialmente di “cuocere” una persona, facendo vibrare le molecole di ossigeno presenti nel corpo e dando proprio la sensazione di cuocere dall’interno. È una “less letal wheapon”, un’arma non letale ufficialmente, ma che nelle mani di questi spietati assassini del mare può fare grossi danni. O la versione sonora, che direziona ultrasuoni capaci di spossare, nauseare e far svenire piccoli gruppi di persone. E pensare che spesso sono gli attivisti ad essere accusati di essere violenti, cosa assolutamente infondata, visto che la base è il rispetto per la vita. “Siamo qui per salvare le balene, non per far del male alle persone” è la risposta data ad un giornalista da Watson ad una domanda a riguardo.
La realizzazione di “The Cove” è quindi strettamente correlata alle attività di Sea Shepherd, e parte da Ric O’Barry, ex addestratore di delfini per la serie “Flipper”, che dopo il “suicidio” della femmina di delfino Kathy, saltata fuori dalla vasca per lasciarsi morire, è diventato uno dei più attivi militanti per la protezione dei delfini.
Non si può restare indifferenti anche solo vedendo in un film centinaia di delfini (che non sono cibo, ma una perversione medico-stregonesca nippo-cino-danese) fatti a pezzi, una baia in cui l’acqua non c’è più, solo un mare di sangue, e delfini che piangono, simili a bambini, consapevoli di stare subendo un massacro. Pare davvero che lo sappiano, lo capiscono, ed i loro acuti fanno venire la pelle d’oca.
Naturalmente il discorso è da approfondire, SSCS è una realtà in continua evoluzione, e potete documentarvi su www.seashepherd.org, e se siete davvero interessati, volete dare una mano attivamente i modi ci sono, fateci sapere!

Corrado Ladu





giovedì 10 maggio 2012

STRADE PARTIGIANE_ Carlo Grifi

STRADE PARTIGIANE non è solo un evento.
Noi di Libero Spazio vogliamo prenderci l'impegno di portare avanti questo grande progetto per proporlo nelle scuole e per continuare a raccontare le storie dei giovani partigiani che hanno donato la vita per la libertà della nostra Ascoli. Troppo spesso queste figure sono dimenticate o peggio ancora ignorate.
Questo non possiamo permetterlo.

Per questo, settimanalmente, inseriremo nella sezione STRADE PARTIGIANE la storia di un partigiano, al quale è stata intitolata una via o una piazza ascolana.
Questa settimana percorriamo la vi(t)a di...


CARLO GRIFI 

 





Nato a Recanati nel 1923.
Studente universitario al secondo anno di medicina, risiedeva ad Ascoli dall'età di dieci anni e abitava nella rua che oggi porta il suo nome, prima chiamata dell'Aquila.
Dopo l'8 Settembre 1943 si era rifugiato, come tanti altri giovani, nella zona di Meschia, frazione di Roccafluvione (AP), dove dava un valido aiuto al parroco del luogo nella cura di malati e feriti, per lo più militari sbandati e alleati prigionieri fuggiti dai campi, nonostante gli studi non ancora terminati e la poca esperienza in campo medico.
Rientrato ad Ascoli era stato incaricato di recapitare messaggi alle bande sul Colle San Marco, ed era con queste rimasto.
La sera del 2 Ottobre viene fatto rifugiare in una casa di contadini sul Colle, sia per ragioni di sicurezza, vista l'estrazione politica della sua famiglia, essendo figlio, difatti, di un gerarca fascista, sia soprattutto perchè febbricitante, avendo fatto un servizio di perlustrazione sotto una gelida pioggia torrenziale. La mattina del 3 Ottobre, durante il rastrellamento del Colle San Marco, i tedeschi perquisiscono le stanze dell'abitazione e, trovando accanto al Grifi la divisa militare imprudentemente lasciata sulla sedia della camera da letto, lo freddarono, nonostante disarmato, a poco valsero le sue implorazioni e spiegazioni. Prima di andarsene, i tedeschi diedero fuoco alla casa.

mercoledì 2 maggio 2012

STRADE PARTIGIANE_ Adriano Cinelli

STRADE PARTIGIANE non è solo un evento.
Noi di Libero Spazio vogliamo prenderci l'impegno di portare avanti questo grande progetto per proporlo nelle scuole e per continuare a raccontare le storie dei giovani partigiani che hanno donato la vita per la libertà della nostra Ascoli. Troppo spesso queste figure sono dimenticate o peggio ancora ignorate.
Questo non possiamo permetterlo.

Per questo, settimanalmente, inseriremo nella sezione STRADE PARTIGIANE la storia di un partigiano, al quale è stata intitolata una via o una piazza ascolana.
Questa settimana percorriamo la vi(t)a di...


ADRIANO CINELLI 






Nasce il 1926 ad Ascoli Piceno.
Studente, morì alla prematura età di 17 anni per mano dei tedeschi, è una delle prime vittime "attive" dell'opposizione ascolana alle truppe nazifasciste.
Il 12 Settembre 1943, a seguito degli scontri avvenuti presso l'allora Distretto Militare (Caserma Vecchi) contro i tedeschi, che si muovevano verso il Presidio Militare di Ascoli Piceno (Caserma Umberto I), i civili ascolani entrarono nella Caserma Vecchi per prelevare le poche armi rimaste, intenzionati a difendersi.
Il giovanissimo Cinelli troverà la morte mentre sparava contro un automezzo di passaggio dei tedeschi, che a sua volta colpiva con raffiche di mitra.
Insignito della medaglia di bronzo al Valore Militare.

Storia di un giorno, di lavoro e di uomini


"Momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né
tanto meno sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per
migliorare la propria condizione": così può essere efficamente riassunto il vero
significato della Festa del 1° Maggio.
Nel primo Novecento, in Australia, venne coniata una parola d'ordine: "Otto ore di
lavoro, otto di svago, otto per dormire", parola che oggi, come ieri, è condivisa da
tutte le organizzazioni sindacali. Con ciò si aprì la strada a rivendicazioni generali e
alla ricerca di un giorno, il 1° Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero
incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e
indipendenza.
Dal congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori, riunito a Ginevra nel
settembre 1866, scaturì una proposta concreta: "Otto ore come limite legale dell'attività
lavorativa".
A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono
soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel
1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con
limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore
della legge era stata fissata per il 1° Maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a
Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo
mai visto per le strade della città americana.
Nell'ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1°
Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero
rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno.

L'idea effettiva del 1° Maggio, come oggi noi lo intendiamo, nasce il 20 luglio 1889 a
Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in 1°
Maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel
sangue. Era un sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati
Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e
parteciparono al grande corteo in 80 mila. Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni
successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali
americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i
dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti,
provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo,
durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere
il comizio, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine
si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò
contro i manifestanti provocando nove vittime. Una feroce ondata repressiva si abbatté
contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono
devastate e chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono
condannati a morte otto noti esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro
partecipazione all'attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno
venne trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l'11 novembre
1887. Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto ore
e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1° Maggio.

Man mano che ci si avvicina a quel giorno nel 1890 le organizzazioni dei lavoratori
intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento. Monta
intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice
interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di
fare provviste, perchè non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure
di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata in
questione che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori,
si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. Del resto si
tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto.
Ma, nonostante le imposizioni dall'alto, il 1° Maggio 1890 costituisce una felice
sorpresa, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale: in numerosi
centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque
una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove
gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene
deciso di replicarla per l'anno successivo. Il 1891 conferma la straordinaria presa di
quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da
lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".

Inizia così la tradizione del 1° maggio, un appuntamento al quale il movimento dei
lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. La
protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di
fine Ottocento. Il 1° maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane",
che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del
Novecento il 1° Maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio
universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione
dell'Italia alla guerra mondiale.
Durante il periodo fascista Mussolini proibisce la celebrazione di tale giorno. La festa
del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così
snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1° Maggio assume una
connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse
l'opposizione al regime.

All'indomani della Liberazione, il 1° Maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani
militanti e giovani che non hanno memoria della Festa del Lavoro, si ritrovano insieme
nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il 1° Maggio è
segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano
fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura nel nostro paese.
Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica
celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al
movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza,
hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1°
Maggio.
Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il
"concertone" organizzato dai sindacati per i giovani sembra aderire perfettamente allo
spirito del 1° Maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti:

"Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria
del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente,
chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive
dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno
di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".

Matteo Giorgi