domenica 13 maggio 2012

Pirati per gli oceani. Sea Shepherd agisce!




In molti avrete sicuramente sentito parlare di Sea Shepherd Conservation Society, grazie al docu-reality “Whale Wars” di Discovery Channel, o per i vari casi arrivati alla ribalta grazie alle azioni a volte estreme ma mai violente, atte a salvare, non a parole ma con vere e proprie campagne di sabotaggio, le creature marine minacciate di estinzione per la smodata mania prettamente umana di possedere.
Le leggi riguardanti la caccia a queste specie, come cetacei e foche, vengono aggirate dalle flotte di caccia dei paesi più impegnati in questo vero e proprio massacro, perpetrato tra l’altro nei luoghi in cui questi animali dovrebbero avere garantita la possibilità di vivere e riprodursi in pace, come il “Santuario dei Cetacei” nei mari dell’Antartide o nell’estremo nord-America.
Nel 1974, uno dei fondatori di Greenpeace, Paul Watson, decide che la protesta passiva non è la giusta strategia per raggiungere risultati costanti e importanti. Fuoriesce così da Greenpeace e fonda Sea Shepherd Conservation Society, con il preciso impegno di impedire a chiunque di massacrare balene, delfini e foche con qualunque mezzo senza però mettere in pericolo vite umane. Atti di sabotaggio di navi in porto, affondamenti, inseguimenti con attacchi in mare. I loro attacchi consistono principalmente nel lanciare bombolette di acido butirrico sui ponti delle navi da “ricerca” dove viene fatta la prima lavorazione delle carni pescate. Questo acido ha la proprietà di puzzare come l’inferno, e rende così inservibile la carne.
Gli eco-pirati della “Neptune’s Navy", la marina di Nettuno, come loro stessi si definiscono, hanno a disposizione una flottiglia di 3 imbarcazioni, motopesca e motoscafi potentissimi (come l’Adi Gil, donato dopo la World Race a SSCS e affondato da una nave ricerca giapponese). Seguono un ordinamento gerarchico con gradi e ordini da rispettare, proprio come nei corpi di Marina, organizzano campagne di sensibilizzazione e workshop in cui espongono la loro visione dei fatti, trovando sempre più persone che condividono ideali e obiettivi. Proteggere i mari è un dovere oltre che un diritto, e non è facile quando hai la legge un po’ dalla tua e un po’ no.
Il Giappone, paese in cima alla lista dei cacciatori più spietati e inarrestabili, attraversa i mari del sud con navi da ricerca (navi da caccia mascherate da postazioni scientifiche) attrezzate per arpionare, tirare in secco e lavorare le carni in loco. SSCS, grazie a varie azioni sia a livello materiale che divulgativo, sta raggiungendo ogni anno risultati davvero importanti, riuscendo a bloccare le stagioni di pesca e a far tornare a forza le navi in porto. Su Youtube potete trovare tantissimi video girati da loro e da simpatizzanti, e potete anche trovare le confutazioni delle parti in causa, come i pescatori giapponesi che, foraggiati e protetti dalla Yakuza, oppongono obiezioni e insulti senza senso, inaccettabili per chiunque abbia a cuore il destino del pianeta e dei suoi abitanti meno fortunati, che da soli non possono difendersi.

Sea Shepherd è presente in tutto il mondo, in Italia da un po’ di tempo la branca nostrana diventa sempre più forte, più presente su vari fronti. Perché è fondamentale il lavoro in mare (cosa che tramite un iter particolare possono fare tutti) ma anche la condivisione e la diffusione di materiale di denuncia.
Come LIBERO SPAZIO Stay Human vi suggeriamo la visione di “The Cove”, che appunto tratta questi argomenti. La storia di un gruppo di attivisti che tramite azioni di sabotaggio compie una sorta di miracolo dei giorni nostri: fermano la mattanza dei delfini nella baia di Taiji in Giappone. È
un documento vero, crudo, si evince la durezza di questa battaglia, il dolore che porta. Questi eroi, perché questo sono, mettono a rischio le proprie vite senza pensarci due volte, perché spesso alle provocazioni ed alle loro azioni i pescatori rispondono con potentissimi cannoni ad acqua, e con vere e proprie armi high-tech, come ad esempio un diffusore di microonde direzionale, documentato in una puntata di "Whale Wars", capace potenzialmente di “cuocere” una persona, facendo vibrare le molecole di ossigeno presenti nel corpo e dando proprio la sensazione di cuocere dall’interno. È una “less letal wheapon”, un’arma non letale ufficialmente, ma che nelle mani di questi spietati assassini del mare può fare grossi danni. O la versione sonora, che direziona ultrasuoni capaci di spossare, nauseare e far svenire piccoli gruppi di persone. E pensare che spesso sono gli attivisti ad essere accusati di essere violenti, cosa assolutamente infondata, visto che la base è il rispetto per la vita. “Siamo qui per salvare le balene, non per far del male alle persone” è la risposta data ad un giornalista da Watson ad una domanda a riguardo.
La realizzazione di “The Cove” è quindi strettamente correlata alle attività di Sea Shepherd, e parte da Ric O’Barry, ex addestratore di delfini per la serie “Flipper”, che dopo il “suicidio” della femmina di delfino Kathy, saltata fuori dalla vasca per lasciarsi morire, è diventato uno dei più attivi militanti per la protezione dei delfini.
Non si può restare indifferenti anche solo vedendo in un film centinaia di delfini (che non sono cibo, ma una perversione medico-stregonesca nippo-cino-danese) fatti a pezzi, una baia in cui l’acqua non c’è più, solo un mare di sangue, e delfini che piangono, simili a bambini, consapevoli di stare subendo un massacro. Pare davvero che lo sappiano, lo capiscono, ed i loro acuti fanno venire la pelle d’oca.
Naturalmente il discorso è da approfondire, SSCS è una realtà in continua evoluzione, e potete documentarvi su www.seashepherd.org, e se siete davvero interessati, volete dare una mano attivamente i modi ci sono, fateci sapere!

Corrado Ladu





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