mercoledì 2 maggio 2012

Storia di un giorno, di lavoro e di uomini


"Momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né
tanto meno sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per
migliorare la propria condizione": così può essere efficamente riassunto il vero
significato della Festa del 1° Maggio.
Nel primo Novecento, in Australia, venne coniata una parola d'ordine: "Otto ore di
lavoro, otto di svago, otto per dormire", parola che oggi, come ieri, è condivisa da
tutte le organizzazioni sindacali. Con ciò si aprì la strada a rivendicazioni generali e
alla ricerca di un giorno, il 1° Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero
incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e
indipendenza.
Dal congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori, riunito a Ginevra nel
settembre 1866, scaturì una proposta concreta: "Otto ore come limite legale dell'attività
lavorativa".
A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono
soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel
1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con
limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore
della legge era stata fissata per il 1° Maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a
Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo
mai visto per le strade della città americana.
Nell'ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1°
Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero
rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno.

L'idea effettiva del 1° Maggio, come oggi noi lo intendiamo, nasce il 20 luglio 1889 a
Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in 1°
Maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel
sangue. Era un sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati
Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e
parteciparono al grande corteo in 80 mila. Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni
successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali
americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i
dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti,
provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo,
durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere
il comizio, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine
si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò
contro i manifestanti provocando nove vittime. Una feroce ondata repressiva si abbatté
contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono
devastate e chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono
condannati a morte otto noti esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro
partecipazione all'attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno
venne trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l'11 novembre
1887. Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto ore
e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1° Maggio.

Man mano che ci si avvicina a quel giorno nel 1890 le organizzazioni dei lavoratori
intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento. Monta
intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice
interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di
fare provviste, perchè non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure
di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata in
questione che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori,
si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. Del resto si
tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto.
Ma, nonostante le imposizioni dall'alto, il 1° Maggio 1890 costituisce una felice
sorpresa, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale: in numerosi
centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque
una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove
gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene
deciso di replicarla per l'anno successivo. Il 1891 conferma la straordinaria presa di
quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da
lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".

Inizia così la tradizione del 1° maggio, un appuntamento al quale il movimento dei
lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. La
protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di
fine Ottocento. Il 1° maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane",
che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del
Novecento il 1° Maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio
universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione
dell'Italia alla guerra mondiale.
Durante il periodo fascista Mussolini proibisce la celebrazione di tale giorno. La festa
del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così
snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1° Maggio assume una
connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse
l'opposizione al regime.

All'indomani della Liberazione, il 1° Maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani
militanti e giovani che non hanno memoria della Festa del Lavoro, si ritrovano insieme
nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il 1° Maggio è
segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano
fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura nel nostro paese.
Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica
celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al
movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza,
hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1°
Maggio.
Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il
"concertone" organizzato dai sindacati per i giovani sembra aderire perfettamente allo
spirito del 1° Maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti:

"Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria
del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente,
chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive
dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno
di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".

Matteo Giorgi

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